Dalla Relazione Storico - Artistica redatta dallo Studio architetto Aurelio Pezzola.

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PREMESSA

Questo lavoro di ricerca e di progetto ha inizio nel 2012.

Nel luglio 2013 veniva delineata una prima ipotesi di progetto globale.

Per volontà del Parroco don Agostino Bagliani queste prime intenzioni sono state riassunte in una mostra per essere sottoposte e condivise da una vasta partecipazione: sono stati eseguiti una serie di incontri con il Consiglio Pastorale, la Commissione Affari Economici e una serie di assemblee pubbliche.

Dopo aver analizzato le riflessioni critiche emerse durante gli incontri e aver lasciato al progetto il tempo di una sedimentazione, la proposta generale assume un suo ridimensionamento dando priorità di intervento alle questioni emerse come prioritarie e necessarie che infine si sono rilevate essere principalmente due:

1 - PROGETTO DI RECUPERO DELL’APPARATO DECORATIVO ORIGINARIO

2 - PROGETTO ILLUMINOTECNICO, di miglioramento e adeguamento dell’impianto di illuminazione, così come è stato delineato nelle ragioni di progetto Per una completezza del lavoro svolto abbiamo preferito allegare in questa relazione generale anche le precedenti relazioni e i grafici delle ipotesi di progetto di nuove configurazioni per la pavimentazione che allo stato attuale non risultano più necessarie.


LE RAGIONI DEL PROGETTO

Una lenta sedimentazione, dove il progetto trova le sue ragioni e si autogenera verso una proposta prioritaria

Come sottolineato nella prima bozza di relazione (25 giugno 2013), "Appunti per un ipotesi di restauro", la lunga stratificazione storica della Parrocchiale di San Giorgio a Capriolo, ci narra di una storia di lungo periodo, di quando era campo santo all'intorno della chiesa di san Rocco, posta in fondo alla contrada al piano, lungo la fascia pedemontana prima che la via compiendo un ansa risalga verso il vertice della collina, attraversando la densità ascensionale di un centro storico.

Questa area vertice della contrada al piano, prima di salire "la collina di pietra", diventa un'area di nuova centralità della città, punto ideale per edificare la nuova parrocchiale. Si da origine ad un impianto di chiese binate, dove a fianco alla chiesa di san Rocco viene tracciato il sedime della nuova Parrocchiale, ancora in una forma embrionale nei confronti di come ci appare oggi.

Qui vanno sottolineati e sintetizzati alcuni fatti che nel divenire finiranno con il contraddistinguere la storia e le caratteristi- che di questo edificio religioso, che da una parte subirà un continuo rinnovo edilizio lungo tutti i secoli fino all'ultimo restauro nella seconda metà del novecento, dall'altro avrà la straordinaria capacità di divenire nel tempo uno scrigno in grado di ospitare al proprio interno capolavori provenienti da altre chiese capriolesi. E' il caso di soffermarsi su questi due aspetti che costruiscono la chiave di lettura della storia di questo edificio religioso della parrocchiale di Capriolo.


1- La chiesa come scrigno, il ruolo che ha assunto nel tempo.

E' il caso dell'opera scultorea della Madonna in trono, o meglio Madonna proveniente dall'antica chiesa di san Rocco, anticamente venerata come protettrice nei confronti del flagello della peste (ad honorem allo scultore anonimo che nel XVI secolo che la intagliò per la chiesa di san Rocco), che verrà successivamente adornata e incorniciata dalla fastosa soasa di Andrea Fantoni, 1724/'27, e dagli intagli marmorei eseguiti da Giovanni Battista Corbellini, dando luogo ad un complesso che verrà definito dalla critica tra i più belli e maestosi della provincia. Si sottolinea che l'opera scultorea lignea della Madonna in trono, è stata profondamente rimaneggiata nel 1932 dall'intervento del Poisa.

Un secondo caso è la pala dell'Assunta, opera di Antonio Gandino il Vecchio, 1598, proveniente dalla chiesa della Beata Vergine o chiesa dell'Assunta, soppressa nel 1950 e alienata nel 1968.

Vi sono poi altri capolavori assoluti che vanno a costruire "il tesoro del magico scrigno", la pala della Resurrezione, opera di Gerolamo Romanino (1525), un Romanino giovanissimo che amava un confronto diretto con i grandi, come con il Tiziano, ma il vero Romanino non sarà quello "veneziano", abbandonerà una pittura di grazia per una pittura di crisi, cercherà una via espressiva tutta sua, conforme al proprio temperamento, rifiutando da una parte classicismo e manierismo, prima di trovare nel tempo il proprio linguaggio pittorico, se vogliamo rivoluzionario-popolare che ritroveremo a maturazione, nella sua "Sistina dei poveri", di Santa Maria della neve a Pisogne.

Il Martirio dei santi Gervasio e Protasio, opera di Callisto Piazza (1524), opera che da inizio e si lega ad altre tre che più di altre evocano immediatamente quello "stupore" che dovevano causare nella devozione popolare come la statua del Cristo morto, sempre ideata da Andrea Fantoni, che dopo aver completato la soasa della Madonna in trono (1724/'27), nel 1729 completava questo ulteriore capolavoro assoluto; non è un caso che la scultura del Cristo morto, in occasioni particolari, di bisogno o di massimo pericolo, veniva portata in processione, sottolineando direttamente un legame inscindibile tra la forte espressività della figura scultorea e la devozione popolare.

Successivamente nel 1782, Ludovico Gallina con la pala di san Giorgio ci narra come in un racconto fiabesco di una lotta tra il bene e il male, anche qui possiamo intuire l'immenso stupore che per intere generazioni ha accompagnato i bimbi capriolesi, sospesi tra la tensione di un cavallo bianco imbizzarrito e il drago.

Infine , lasciando la chiesa, sfiorando la Madonna del rosario, oggi come accostata in disparte, appoggiata in uno degli altari laterali, mentre tutta la sua figura evoca ancora il ruolo vivo e popolare del trasporto processionale, immagine che ci riconduce alla memoria della stessa Madonna posta in senso innovativo nella chiesa del Carmine a Venezia, possibile riferimento per una installazione più dinamica della Madonna del rosario di Capriolo.

La chiesa è quindi ricca di figurazioni dalla grande espressività in grado di comunicare alla gente emozioni visive profonde, è una caratteristica specifica da non tralasciare, per un ipotesi di progetto che vuole stare in continuità con la storia.

Mentre usciamo dalla parrocchiale qualcuno suona l'organo e le figure fantoniane sembrano unirsi alla musica, poi anche tutti gli altri capolavori si uniscono partecipando insieme ad un concerto polifonico.

Viene da chiedersi quale sia stata la funzione di questi artisti.

Ogni artista agisce con profonda originalità pur essendo costretto a inserirsi nella storia, quando non sia un pedissequo imitatore da' nuova linfa e quando è una limpida mente rinnova la storia stessa profondamente, come a Capriolo hanno fatto: l'anonimo esecutore della scultura della Madonna in trono , Callisto Piazza (1524 ), Gerolamo Romanino (1525), Gandino il vecchio (1598) , Andrea Fantoni (1724 - '27) con il Corbellini (1725) e Lodovico Gallina (1782). Tutti questi assoluti capolavori che gli artisti hanno ideato per la parrocchiale di Capriolo, rappresentano anche i materiali che la storia ci fornisce, ci trasmette in termini di conoscenza empirica, significato estetico e morale dei fenomeni, conservazione dell'identità e tradizione, con cui una civiltà costruisce un ponte tra passato e futuro.

Quelli come noi, che agiscono nel tempo presente, in qualsiasi disciplina, hanno l'obbligo etico di servirsi della storia per garantire che questa costruzione possa proseguire. Da questo punto di vista questi assoluti capolavori uniti alla Parrocchiale costituiscono anche un'eredità di lungo periodo e ciò che abbiamo ereditato dai padri va riconquistato se si vuole possedere davvero, poiché l'eredità richiede un esercizio di responsabilità. Oltre alla funzione istituzionale del tempio, di Chiesa Cristiana, come luogo di ritrovo, di preghiera e di celebrazione della comunità di fedeli; la Chiesa è anche la più grande Pinacoteca e il

più grande museo della città, inteso come scuola futura.


2- La Parrocchiale di Capriolo in una continua stratificazione tipologica fino alla sua configurazione architettonica definitiva (1905-'12) ad opera dell'architetto Agostino Caravatti e del pittore Umberto Marigliani.

Abbiamo visto come l'impianto originario sorto a fianco della chiesa di san Rocco aveva una forma embrionale nei confronti di come oggi ci appare la parrocchiale, la tavola della stratificazione architettonica ci racconta la successione e i continui rinnovi tipologici che la parrocchiale ha attraversato dal fine del 1200 fino al secolo scorso. Nuove esigenze funzionali , nuove riforme, che determinano continui rifacimenti. Come nel caso di san Carlo Borromeo che a Capriolo coincide con il rifacimento del 1674-'78. Nella grande epopea della costruzione delle parrocchiali lombarde, l'ideazione di san Carlo è anche una brillante idea per rispondere ad una crisi strutturale, con l'apertura diffusa sul territorio di immensi cantieri tutti impegnati nella costruzione delle nuove parrocchiali o nei sistemi ascensionali dei Sacri Monti. Due secoli dopo la chiesa aveva bisogno di un nuovo ampliamento, con il rifacimento dell'architetto Carlo Melchiotti (1892/'93) aggiungendo le navate laterali e rifacendo l'intera copertura.

Pochi anni dopo la chiesa necessitò di un nuovo ampliamento, legato a un forte incremento demografico. Sarà l'architetto Agostino Caravatti a darle l'attuale configurazione, compresa la costruzione del tamburo ottagonale della cupola (1905/'12). La parrocchiale assume la sua struttura architettonica così come oggi la vediamo. Agostino Caravatti appartiene ad una scuola milanese-lombarda che va dal Boito a Muzio, ma se vogliamo prefigura anche un'anticipazione di quel linguaggio architettonico che verrà elaborato nel secondo dopoguerra dall'architetto Aldo Rossi, con "L'architettura della città". La cupola ottagonale del Caravatti a Capriolo anticipa di più di mezzo secolo l'essenza dell'architettura di alcuni progetti di Aldo Rossi, sorprendente l'analogia con la conclusione con il "teatro del Mondo" inaugurato a Venezia nel 1979. L'intuizione di Agostino Caravatti è proprio quella di concludere la parrocchiale con un'ampliamento anche verticale, che fosse in grado di riequilibrare i precedenti ampliamenti in una armonica composizione architettonica in grado di far divenire la parrocchiale nuovo monumento della città. Il grande merito dell'architetto Caravatti è sicuramente quello dopo aver definito una conclusiva configurazione architettonica, intuisce la necessità di completare un progetto unitario, unendo la parte architettonica a quella decorativa, ricercando un'armonia totale, chiedendo soccorso agli affreschi di quel Umberto Marigliani soprannominato per la sua bravura e per la sua velocità "il Tiepolino", che con ogni probabilità coordinò in quel tempo anche le decorazioni eseguite da Luigi Locatelli. Riguardando le antiche immagini fotografiche risulta evidente che l'idea di fondo dell'architettura del Caravatti e le pitture del Marigliani cerchino di dare all'immagine conclusiva della parrocchiale una rinnovata luminosità come connotazione storica contestuale che coincide con un tardo eclettismo che sente già il preludio di una nuova luminosità, Liberty e protorazionalista.


3- Riflessione critica di una rottura epocale con la storia (1945/1975)

È evidente che la storia nella sua stratificazione non ci ha restituito solo capolavori assoluti; la frantumazione architettonica e culturale avvenuta nel dopoguerra, nel secolo scorso, non ha risparmiato la nostra parrocchiale, la campionatura di materiali che ha invaso le nostre dimore, non ha risparmiato la sacralità del tempio, così il granito lucido, rosa sardo, decontestualizzato è diventato il basamento improprio di tutti i capolavori e dei magnifici altari in Bronzetto e Botticino presenti nella chiesa: il granito sardo nella chiesa di Capriolo “è come una pagina del Decamerone rilegata per sbaglio nel Vangelo secondo Matteo”.

La Chiesa di Capriolo meritava come pavimentazione un epifania di materiali diversi; magari simili al pavimento della chiesa di san Nazario e Celso, a Brescia, che contiene quel meraviglioso polittico del Tiziano, riferimento della nostra pala del Cristo Risorto del Romanino. Così, i tre gradini che salgono al presbiterio, invocando la prua di una imbarcazione hanno rotto con la tradizione, creando una rottura epocale con la storia.

Questa questione legata alle pavimentazioni è stata affrontata più volte all'interno delle riunioni e agli incontri partecipati che la Parrocchia ha promosso durante il 2013/2014. Erano stati elaborati anche grafici che ipotizzavano ideali pavimentazioni , ma visto il perfetto stato della pavimentazione attuale abbiamo ritenuto questo intervento al momento non necessario, ne prioritario nei confronti del devastante intervento pittorico sempre realizzato in quegli anni.


 

4- Obiettivo del restauro:

Rimozione della pittura lavabile e recupero della luminosità perduta.

Un supporto necessario per conservare, tutelare e valorizzare i capolavori presenti all’interno della Parrocchiale.

Ciclicamente un edificio come la parrocchiale ha bisogno di continui restauri, è difficile spiegare le scelte adottate nell'intervento del 1966/'72, oltre alla totale sostituzione delle pavimentazioni avviene anche un cambiamento radicale dell'apparato decorativo, abbandonando la luminosità del Botticino e inseguendo la tenebrosità ispirata dalla pietra di Sarnico, con ogni probabilità ripresa dalle pietre all'esterno della chiesa e riportata al proprio interno.

Oggi il problema principale delle superfici murali interne è che il loro stato di conservazione risulta compromesso dall' intervento generale di ridipintura realizzato come abbiamo visto nei primi anni settanta. La ridipintura copre affreschi e decorazioni a calce originali con tinteggiature lavabili.

La pittura lavabile non traspirante ha pesantemente alterato l'omogeneità d'insieme di inizio novecento e ha inciso negativamente sulla conservazione del bene. L'intervento della restauratrice sarà finalizzato al recupero dell'apparato decorativo generale del 1912, attraverso la rimozione della ridipintura lavabile da tutte le superfici murarie, recuperando quindi quella luminosità improntata alla chiesa dal Tiepolino e dal Caravatti, perdute e cancellata dall'intervento degli anni settanta.

In sintesi l'intervento di restauro (come verrà definito e particolareggiato nelle modalità di intervento nella relazione tecnica specialistica redatta dalla restauratrice incaricata Elisabetta Attorrese) consisterà nelle operazioni di rimozione dei depositi superficiali, di rimozione delle ridipinture con solvente idoneo ad impacco supportato da solven-gel, di trattamento delle efflorescenze saline con impacchi idonei, degli attacchi biologici con prodotto biocida, di fissaggio della pellicola pittorica e consolidamento degli intonaci, di stuccatura delle lacune e di integrazione pittorica.

Questa rimozione della pittura lavabile che favorirà il recupero della luminosità perduta si rivela come un supporto necessario per conservare, tutelare e valorizzare i capolavori presenti all’interno della Parrocchiale.


 

5- Un nuovo impianto di illuminazione e il desiderio di diffondere una nuova luce

Tratto da appunti per il restauro della Parrocchiale di Capriolo

Capriolo 20 dicembre 2013, ore 14.35

"Ho un appuntamento nel pomeriggio con don Agostino, sono arrivato di proposito con largo anticipo, ho bisogno di osservare l'interno della parrocchiale con calma. Seduto nei primi banchi la prima percezione è dell'essere immerso in un grande buio, che sembra accentuare una sensazione di freddo. C'è un bisbiglio dato dai bimbi che rompe il silenzio, e forse loro riescono a dare al tutto un tratto di vita, poi iniziano a cantare. Le murature anche quelle illuminate da dei proiettori posti sul cornicione risultano invase da un colore spento, nocciola, grigiastro, un colore bloccato, che trova una continuità con il buio totale che invade tutta l'abside. In questo buio assoluto spicca una luce che illumina il tabernacolo dorato, l'unico elemento magico nella tristezza del paesaggio totale. Con il tabernacolo illuminato nel presbiterio solo i due altari posti come fondali prospettici nelle navate laterali, con le soase in pietra bianca assumono per riflesso una certa luminosità, sottolineando come il Botticino rifletta la luce nei confronti del Sarnico e del granito. I bimbi si preparano alla confessione , io cerco di immedesimarmi in uno di loro, cerco di capire, di assorbire le emozioni e le sensazioni che uno spazio di quel tipo mi può trasmettere, a quello che ho vissuto a casa un'ora prima, o che rivedrò tra un paio d'ore di fronte alla luminosità di un televisore o di un video gioco. Cerco di capire che tipo di sensazione o di emozione la vista anche di scorcio della raffigurazione dalla testa mozzata di san Protasio o la statua del Cristo Morto o l'immagine del drago, forse proprio a causa del processo o alla fenomenica televisiva molto meno di un tempo. Il giovane curato è bravo, sa come parlare ai fanciulli, come intervallare una preghiera con un racconto, riesce a catturare la loro attenzione, ma la chiesa è buia.

Iniziano le confessioni e dai primi banchi in prossimità del presbiterio mi sposto in fondo alla chiesa, verso l'ingresso principale, in quella posizione sono accese le lampade terminale dei due candelabri a destra e a sinistra della navata centrale, ma con fatica riesco a scrivere, e sono solo le ore 15 del pomeriggio. Da qui, dall'ingresso, la chiesa sembra ancora più buia, non detesto il buio, anzi ne sono attratto, mi ricorda la poca luce delle chiese romaniche o di quelle medioevali che avevo vissuto a Pistoia, nel Duomo o nelle chiese di S. Andrea, S. Bartolomeo, S. Giovanni, ma era una luminosità diversa, appropriata alla matericità delle murature in pietra, un unicum che coinvolgeva e convogliava alla meditazione. Forse il ricordo era riconducibile al fatto che entravo al mattino alle prime luci del Sole, qui oggi siamo in un pomeriggio invernale, ma questa di Capriolo è una chiesa completamente diversa, dove la ricchezza e il decoro del barocco lombardo richiede luminosità, può vivere solo nella luce.

Ecco, oggi comprendo meglio l'esigenza più volte rimarcata da don Agostino della necessità di un nuovo impianto di illuminazione in grado di illuminare correttamente i capolavori posti negli altari laterali, ma anche predisposto a illuminare sufficientemente tutta l'assemblea della navata centrale".

E' evidente che tutto il restauro dell'apparato decorativo restituirà maggior luminosità all'attuale edificio religioso, risulta comunque fin da subito necessario e indispensabile prefigurare un nuovo impianto di illuminazione in grado di garantire una discreta illuminazione in tutte le fasce orarie e nelle diverse stagioni.



RELAZIONE STORICA

A 1 Lettura stratigrafica

L’antica chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, che sorgeva accanto al castello, fu probabilmente l’antichissima sede del cristianesimo di Capriolo. Subì dei rifacimenti fino alla forma assunta nel Cinquecento, ma poi rimase accantonata e destinata a decadere per il ruolo primario assunto dalla Cappella di San Giorgio, quando vi fu trasferita nel Cinquecento la parrocchia, affinchè il clero fosse più vicino alla popolazione . L’edificio antico dei Santi Gervasio e Protasio è stato venduto nel 1969 e adattato a casa privata. Il San Giorgio di Capriolo è segnalato per la prima volta già nel 1274, la chiesa aveva un solo altare consacrato, l’altare Maggiore del Santissimo. Viene successivamente ricordata nel 1295, 1351, 1365, 1378 (scarne note relative al pagamento della decima a favore della chiesa). Bisogna attendere la visita di San Carlo Borromeo (26 aprile 1580) per una descrizione più accurata dell’edificio: “ Una chiesa ampia, vi custodisce il Santissimo, e il Battistero. E gli altari della S.S. Trinità e di S. Bernardino. Vi sono adiacenti due aree cimiteriali, ove troviamo l’altare di San Rocco.

Fu ampliata dal 1674 al 1680. In questa occasione fu realizzato l’altare di S. Filippo Neri e vennero ridotte le tombe al fine di posare ilnuovo pavimento in modo lineare e uniforme. Il problema irrisolto rimase il battistero, da allora la chiesa conservò sette altari: il maggiore, del Santissimo (della Resurrezione), della Santissima Trinità (il patronato della famiglia Ochi), del Santissimo Crocefisso (o delle Reliquie), della Beata Vergine Maria (o del Rosario) l’altare di S. Antonio da Padova, della Beata Vergine di S. Rocco, qui trasportato durante i lavori del 1674-1680.

Gli interventi più significativi nel corso del XVIII° secolo furono quelli dei Fantoni.

Nel 1792 si decise di restaurare la chiesa nel giro di due anni e fino all’intervento radicale nel 1892. Fu poi rifatta quasi completamente dal 1887 al 1895 su progetto dell’architetto Carlo Melchiotti e poi ancora ampliata tra il 1905 e il 1912. La facciata è stata restaurata ancora nel 1938.

Nel 1887 don Luigi Minelli stese un progetto per l’allargamento della chiesa; con concessione di una porzione di area, concessa dal comune nel 1892. Il progetto fu affidato all’architetto Carlo Melchiotti, legato allo stile neoclassico, i lavori durarono dal 1892 fino al 1893.

Della vecchia chiesa restarono solo la facciata, gli otto pilastri che delineano tutt’ora il vaso della navata centrale, il presbiterio. Nuove risulteranno le due navate laterali e l’intera copertura dell’aula.

Per realizzare questo ampliamento si dovette abbattere gran parte della casa colonica del beneficio parrocchiale, posta sul lato destro della chiesa sull’area dell’attuale oratorio maschile.

L’ampliamento voluto da Don Libretti 1905-1911; il nuovo intervento fu affidato all’architetto Agostino Caravatti da Milano. Le opere eseguite furono: la demolizione del presbiterio, coro e fabbricati addossa ti compresa la chiesa di S. Rocco. Costruzione di una nuova campata per allungare le tre navate. Costruzione del transetto e della cupola ottagonale sopra la crociera. Costruzione del nuovo coro e presbiterio.

Costruzione della nuova sagrestia, camera dell’organo e altri ambienti di disimpegno. Completamento decorativo secondo lo stile della parte di chiesa conservata.

Nell’estate del 1938 si provvedeva a consistenti riparazioni e restauri della facciata principale, con il consolidamento e sostituzione di pietre.

In occasione si provvide anche alla sistemazione del battistero .

Nel 1966-1972 vennero apportati numerosi interventi voluti dal parroco Don Giuseppe Orsatti , tra cui vetrate, ambienti di servizio e disbrigo, il tetto, apparato decorativo, battistero, due bussole, impianto elettrico e acustico, sistemazione del presbiterio con nuovo altare e trasformazione dell’antico altare maggiore, nuova pavimentazione di tutta la chiesa, sistemazione del campanile e di altre parti esterne.

Il portale della chiesa è in arenaria e porta un medaglione raffigurante San Giorgio. L’interno, a croce latina e a tre navate, si presenta solenne e armonioso. Un tamburo, alto tre metri e mezzo, in cui si aprono quattro finestroni, sostiene la cupola a tutto sesto e ottagonale all’esterno, che ha una luce di nove metri, con al centro un grande affresco dedicato all’Incoronazione della Madonna. Dietro l’altare maggiore, con elegante tabernacolo e tempietto, sta la pala di San Giorgio, dipinta nel 1782 da Ludovico Gallina.

Nella navata di destra una fastosa soasa, dovuta ai Fantoni, a forma di drappo sostenuta da angeli accoglie la cinquecentesca statua lignea detta della Madonna Vecchia o di San Rocco. L’altare del Santissimo o della Resurrezione vanta la celebre pala di Gerolamo Romanino, dipinta intorno al 1525, raccolta in una soasa marmorea, intarsiata e policroma. Quindi viene l’altare dell’Assunta con la pala di Antonio Gandino e infine l’altare del Crocefisso dedicato ai santi Gervasio e Protasio con la tavola attribuita a Callisto Piazza.

Nella navata di sinistra il primo altare è dedicato all’Addolorata, la cui statua è posta in una nicchia dorata, sotto la quale è stesa la statua lignea del Cristo morto di Andrea Fantoni e bottega (1729). Due altari marmorei sono dedicati al Sacro Cuore e a Santa Rita. Altri quadri, tra cui un bel Sant’Antonio dipinto nel 1652 da Ottavio Amigoni, si trovano nella controfacciata e in sagrestia.

Il campanile della chiesa domina sul paese staccandosi per colore da quello delle case che di solito a Capriolo tendono al biondiccio e al grigio-azzurro dell’arenaria di Sarnico. Molte altre chiesette e cappelle punteggiavano il vasto territorio di Capriolo. Alcune di esse sono scomparse. La più bella è quella di Sant’Onofrio, sopra la collina omonima, che ha subito molte ferite a causa della cava di pietra per farne cemento. Nel 1966 la chiesetta fu oggetto di un profondo restauro in concomitanza con la costruzione di una strada d’accesso.

Inoltre è da segnalare la bella cappella della Madonna della pace, che il folto gruppo di alpini locali ha voluto costruire sempre in collina.

Carlo Melchiotti architetto(Pompiano , 20 gennaio 1938 / Brescia , 25 marzo 1917) fu un importante membro delle principali organizzazioni cattoliche bresciane e un personaggio di spicco del partito cattolico.

Melchiotti nasce a Pompiano, primogenito di Battista e Angela Molinari.

Di modeste origini, si dedica nei primi anni della sua vita al commercio, poi grazie agli studi presso la Scuola di Disegno di Brescia e l’ Istituto tecnico di Milano, vince il concorso come disegnatore per il Genio Militare ove rimane per trentadue anni.

Ricoprì la carica di Assessore ai Lavori Pubblici dal 1895 al 1902.


A 2 Cronostoria principali interventi:

1274 / 1374 - Primi documenti segnalati, la Chiesa aveva un solo altare consacrato, l’altare Maggiore del Santissimo.

1580 - La visita documentata di S. Carlo Borromeo ci lascia un’accurata descrizione : “ Una chiesa ampia, vi custodisce il Santissimo, e il Battistero. E gli altari della S.S. Trinità e di S. Bernardino. Vi sono adiacenti due aree cimiteriali, ove troviamo l’altare di San Rocco.

1674 / 1680 - restauro e ampliamento della Parrochiale di Capriolo; il nuovo altare di S. Filippo Neri e l’esigenza di ridurre le tombe al fine di posare il nuovo pavimento in modo lineare e uniforme (Mon. Giorgi).

Il problema irrisolto rimase il battistero, da allora la chiesa conservò sette altari: il maggiore, del Santissimo ( della Resurrezione), della San- tissima Trinità (patronato della famiglia Ochi), del Santissimo Crocefisso (o delle Reliquie), della Beata Vergine Maria (o del Rosario) l’altare di S. Antonio da Padova (sotto il patronato della famiglia Adorno), della Beata Vergine di S. Rocco, qui trasportato nel 1680 .

1724 / 1792 - Gli interventi più significativi nel corso del XVIII° secolo furono quelli dei Fantoni, con la realizzazione dell’altare della Madonna Vecchia (1724/1727), della statua del Cristo Deposto (1729) e relativa mensa ospitante, del nuovo altare maggiore (1775/1779), della cassa d’organo e cantorie (1764), della soasa della pala del Gallina (1780) e dell’apparato del triduo (1792).

1792 - Si decise di restaurare la chiesa nel giro di due anni.

1887 - Don Luigi Minelli stese un progetto per l’allargamento della chiesa; con concessione di una porzione di area, concessa dal comune nel 1892.

1892 / 1893 - Il progetto fu affidato all’architetto Carlo Melchiotti, legato allo stile neoclassico; della vecchia chiesa restarono solo la facciata, gli otto pilastri che delineano tutt’ora il vaso della navata centrale, il presbiterio. Nuove risulteranno le due navate laterali e l’intera copertura dell’aula.

Per realizzare questo ampliamento si dovette abbattere gran parte della casa colonica del beneficio parrocchiale, posta sul lato destro della chiesa sull’area dell’attuale oratorio maschile.

1905/1911 - Ampliamento voluto da Don Libretti: il nuovo intervento fu affidato all’architetto Agostino Caravatti da Milano. Le opere eseguite furono: la demolizione del presbiterio, coro e fabbricati addossati compresa la chiesa di S. Rocco. Costruzione di una nuova campata per allungare le tre navate. Costruzione del transetto e della cupola ottagonale sopra la crociera. Costruzione del nuovo coro e presbiterio.

Costruzione della nuova sagrestia, camera dell’organo e altri ambienti di disimpegno. Completamento decorativo secondo lo stile della parte di chiesa conservata.

1938 - Consistenti riparazioni e restauri della facciata principale, con il consolidamento e sostituzione di pietre, si provvide anche alla sistemazione del battistero.

1966/1972 - Vennero apportati numerosi interventi voluti dal parroco Don Giuseppe Orsatti , tra cui vetrate, ambienti di servizio e disbrigo, il tetto, apparato decorativo, battistero, due bussole, impianto elettrico e acustico, sistemazione del presbiterio con nuovo altare e trasformazione dell’antico altare maggiore, nuova pavimentazione di tutta la chiesa, sistemazione del campanile e di altre parti esterne.

2006 - I lavori eseguiti hanno riguardato la sola sostituzione del generatore ed il posizionamento di n. 2 serrande tagliafuoco, oltre che la messa a norma degli impianti conseguenti (elettrico e gas).

2009 - Lavori di manutenzione straordinaria copertura, l’intervento eseguito ha previsto la rimozione dei coppi e dell’ondulina esistenti, il posizionamento al di sopra dell’assito esistente di nuovi pannelli multistrato e poi riposizionati i coppi recuperati dal vecchio manto di copertura con l’aggiunta di circa il 20%di nuovi coppi inserendo ferma coppi in rame per la stabilizzazione degli stessi.

Sono stati sostituiti i travetti e l’assito non idonei alla struttura. Per consentire l’aerazione dell’intercapedine tra le cupole in cotto e la copertura si è prevista infine la posa, ogni 20 m in gronda e in colmo, di tubi di areazione Ø120mm ricoperti con nuovi coppi aeratori.

Tali lavori hanno quindi previsto il mantenimento delle pendenze e della struttura della copertura esistente.

I lavori di sostituzione del generatore di calore si sono effettuati a causa della vetustà dello stesso e per questioni di resa. Il precedente generatore era degli anni ’68-’70, inizialmente funzionava a olio pesante e successivamente è stato trasformato in combustile gas metano.

Il nuovo generatore è di marca MLT ed il bruciatore è Riello a gasmetano.


QUALE PROGETTO ARCHITETTONICO?

Ipotesi di intervento.

Per una completezza del lavoro svolto abbiamo preferito allegare in questa relazione generale anche precedenti scritti e i grafici delle ipotesi di progetto di nuove configurazioni per la pavimentazione che allo stato attuale non risultano più necessarie e quindi non sono oggetto di intervento.

PRIMA BOZZA DI RELAZIONE LUGLIO 2013

Perché ancora la storia?

E le tavole del tesoro nascosto.

Uno studio che vuole intraprendere e formulare un’ipotesi di restauro per la Parrocchia di San Giorgio a Capriolo, deve necessariamente confrontarsi con una storia di lungo periodo.

Ripercorrere e riordinare la stratificazione storica ha impegnato gran parte del lavoro svolto fino ad oggi, questo è stato necessario per ritrovare il senso della storia, poiché la cultura storica ha il fine di serbare viva la conoscenza che la società umana ha del proprio passato, cioè del suo presente, cioè di se stessa.

Il confronto con la storia non può mai essere considerato un antefatto sul quale conviene sorvolare.

Ripercorrere la storia della Parrocchiale non significa solo storicizzare la devozione della comunità cristiana di Capriolo, ma una sorta di antropologia culturale che comprende la conoscenza della storia di tutti gli uomini, che qui, in ogni capriolese, acquista forma e sostanza.

La nostra Parrocchiale ci racconta “mille anni al mondo”, da quando era campo santo ai piedi del colle, nella contrada in fondo al paese, di lacrime versate per i cari colpiti dalla peste, raccolti intorno a San Rocco, concerti di preghiere per chiedere la fine di alcuni periodi di carestie e pestilenze, di guerre infinite, preghiere per migliaia di morti identiche, dove ognuna porta in sé la prigione irripetibile, segreta: che la morte è certezza, è fede di “altra” vita; preghiere per chiedere nuovi inizi, speranze di nuove vite, poiché in ogni periodo sperare è il modo più alto di vivere.

Nuovi inizi e nuove riforme, che comportano nuovi rifacimenti, come nel caso di San Carlo Borromeo, nel rifacimento del 1674-’78, o due secoli dopo con il rifacimento dell’architetto Carlo Melchiotti (1892-’93), la costruzione del tamburo ottagonale della cupola ad opera di Agostino Caravatti nel 1905-’12, solo un secolo scorso. La storia della chiesa ci racconta anche la storia di un edificio che in ogni periodo ha saputo continuamente di secolo in secolo ricostruirsi, autogenerarsi a seconda delle esigenze e nuove trasformazioni della comunità.

Un edificio che durante le nuove trasformazioni, oltre a garantire ogni volta le funzioni di nuovo tempio cristiano era anche in grado di garantire la custodia e la protezione dei tesori della comunità capriolese, i capolavori generati dagli artisti nei vari secoli, raccogliendo in questo grande scrigno anche le opere provenienti da altri edifici religiosi della comunità capriolese. E’ il caso dell’opera scultorea della Madonna in trono, proveniente dall’antica chiesa di San Rocco, che verrà successivamente adornata e incorniciata dalla fastosissima soasa di Andrea Fantoni, 1724 -’27, e dagli intagli marmorei eseguiti da Giovanni Battista Corbellini, dando luogo a un complesso che verrà giustamente definito tra i più belli e maestosi della provincia. E’ il caso della pala dell’Assunta, opera di Antonio Gandino il vecchio, 1615, proveniente dalla chiesa della Beata Vergine o chiesa dell’Assunta, soppressa nel 1950 e alienata nel 1968. E a queste due opere aggiungiamo altri due capolavori assoluti: la Pala della Resurrezione, opera di Gerolamo Romanino, 1525, e il Martirio di san Gervasio e Protasio, opera di Callisto Piazza, 1524.

Vi sono inoltre tre opere che più di altre evocano immediatamente quello “stupore” che dovevano causare nella devozione popolare, come la statua del Cristo morto sempre ideata da Andrea Fantoni, 1729, che in occasioni particolari di bisogno e di massimo pericolo veniva portata in processione.

La pala di san Giorgio, l’opera di Lodovico Gallina, 1782, ci narra come nel racconto di una fiaba antica di una lotta tra il bene e il male e dell’immenso stupore che l’immagine avrà generato dalla fine del Settecento, per tutto l’Ottocento, forse fino alla metà del secolo scorso nei bimbi capriolesi davanti alla figurazione, alla tensione tra il cavallo bianco imbizzarrito e il drago, la stessa che colpisce mia figlia oggi, che sottovoce mi sussurra: “ma papà è finto?”

Infine, lasciando la chiesa sfioriamo la Madonna del rosario, oggi come accostata in disparte, appoggiata in uno degli altari laterali; mentre la sua figura evoca ancora il ruolo vivo e popolare del trasporto processionale.

Mentre usciamo qualcuno suona l’organo e le figure fantoniane sembrano unirsi alla musica, poi anche tutti gli altri capolavori si uniscono partecipando insieme ad un concerto polifonico.

Viene da chiedersi quale sia stata la funzione di questi artisti.

Ogni artista agisce con profonda originalità pur essendo costretto a inserirsi nella storia, quando non sia un pedissequo imitatore da’ nuova linfa e quando è una limpida mente rinnova la storia stessa profondamente, come a Capriolo hanno fatto: l’anonimo esecutore della scultura della Madonna in trono , Callisto Piazza (1524 ), Gerolamo Romanino (1525), Gandino il vecchio (1615) , Andrea Fantoni (1724 – ’27) con il Corbellini (1725), Lodovico Gallina (1782).

Tutti questi assoluti capolavori rappresentano anche i materiali che la storia ci fornisce, ci trasmette in termini di conoscenza empirica, significato estetico e morale dei fenomeni, conservazione dell’identità e tradizione, con cui una civiltà costruisce un ponte tra passato e futuro. Quelli come noi, che agiscono nel tempo presente, in qualsiasi disciplina, hanno l’obbligo etico di servirsi della storia per garantire che questa costruzione possa proseguire.

Da questo punto di vista questi assoluti capolavori uniti alla Parrocchiale costituiscono anche un’eredità di lungo periodo e ciò che abbiamo ereditato dai padri va riconquistato se si vuole possedere davvero, poiché l’eredità richiede un esercizio di responsabilità.

Oltre alla funzione istituzionale del tempio, di Chiesa Cristiana, come luogo di ritrovo, di preghiera e di celebrazione della comunità di fedeli; la Chiesa è anche la più grande Pinacoteca e il più grande museo della città, inteso come scuola futura. È evidente che la storia nella sua stratificazione non ci ha restituito solo capolavori assoluti; la frantumazione architettonica e culturale avvenuta nel dopoguerra, nel secolo scorso, non ha risparmiato la nostra parrocchiale, la campionatura di materiali che ha invaso le nostre dimore, non ha risparmiato la sacralità del tempio, così il granito lucido, rosa sardo, decontestualizzato è diventato il basamento improprio di tutti i capolavori e dei magnifici altari in Bronzetto e Botticino presenti nella chiesa: il granito sardo nella chiesa di Capriolo “è come una pagina del Decamerone rilegata per sbaglio nel Vangelo secondo Matteo”.

La Chiesa di Capriolo meritava come pavimentazione un epifania di materiali diversi; magari simili al pavimento della chiesa di san Nazario e Celso, a Brescia, che contiene quel meraviglioso polittico del Tiziano, riferimento della nostra pala del Cristo Risorto del Romanino.

Così, i tre gradini che salgono al presbiterio, invocando la prua di una imbarcazione hanno rotto con la tradizione, creando una rottura epocale con la storia. Da questo punto di vista il progetto si prefigura anche come ricucitura con il passato, avanzando una serie di proposte diversificate tra loro.

Dove la soluzione ideale cerca di riproporre quella luminosità data alla chiesa con l'edificazione ad opera dell'architetto Agostino Caravatti; con un grande progetto unitario unendo la parte architettonica a quella decorativa, ricercando un'armonia totale chiedendo soccorso agli affreschi di quell' Umberto Marigliani soprannominato “il Tiepolino”, che con ogni probabilità coordinò in quel tempo anche le decorazioni eseguite da Luigi Locatelli.


Sulla questione della pavimentazione.

Prima ipotesi: “Il mantenimento”; indipendentemente dalla critica rimossa alla pavimentazione, posata solo quarantuno (41) anni fa, il suo stato di conservazione, la valutazione di soluzioni alternative, al riscaldamento a pavimento (la crisi contestuale) ci impongono un razionale mantenimento dell’attuale pavimentazione.

Seconda ipotesi: “L’esigenza di una fascia connettiva”; mantenimento generale della pavimentazione esistente, ricucitura tra tutti gli altari laterali, mediante una fascia perimetrale, una cornice in pietra di Botticino, con possibili variazioni, oltre alla bordatura perimetrale, la sostituzione della fascia centrale, o del disegno della crociera centrale e dei gradini che risalgono il presbiterio, sempre in pietra di Botticino.

Terza ipotesi: ”Configurazione di una soluzione congeniale”; come soluzione ideale o sogno futuribile. Diventava necessario dopo la critica mossa alla pavimentazione configurare un’ipotesi ideale e connaturata alla chiesa, in armonia con le opere preesistenti. Materiali contestualizzati alla geografia dei luoghi, tratti dalle cave di Sarnico e di Botticino, riproposti nella matrice classica del disegno di una scacchiera, in dialogo con le pietre presenti in tutti gli altari laterali e nell’altare Maggiore.

Il presbiterio viene ricucito alla navata principale con un razionale disegno dei gradini sempre in pietra di Botticino.

Questa idea progettuale viene tracciata come “sogno”, da tramandare a future generazioni, come sostanza di cose sperate, poiché è questo il ruolo segreto dell’architettura: delineare ipotesi future.


Sulla questione degli apparati decorativi: la ricerca di una vibrazione luminosa.

Ipotesi A: restauro dell’apparato decorativo esistente comprendendo il mantenimento delle ridipinture ad opera di Giovanni Pancera di Manerbio eseguite nel 1972, coeve alla nuova pavimentazione in granito rosa sardo; pitture eseguite con colori molto cupi, densi e statici, oggi impregnati anche da una patina ulteriormente oscurante causata dall’attuale impianto di riscaldamento.

Ipotesi B: restauro con il recupero totale delle decorazioni precedenti il 1972 (come in evidenza nella documentazione fotografica storica) sulle strutture architettoniche principali, come le lesene, i capitelli, i cornicioni e i due fondali prospettici delle navate laterali.

Ipotesi C: restauro dell’apparato decorativo, con recupero delle decorazioni precedenti il 1972 (sulla base rinvenuta dalle analisi stratigrafiche; ipotesi ancora parzialmente da verificare), verrà successivamente dopo le varie fasi di pulizia necessarie riproposta la decorazione pittorica sulla struttura architettonica principale, lesene e cornicioni, mentre per gli sfondati verrà riproposta una tinteggiatura velata a latte di calce, con una cromia che si armonizzerà con il color Botticino già rinvenuto nelle stratigrafie e con le emergenze già rilevate presenti nella chiesa. Questa soluzione più delle altre restituirà maggior luminosità vibrante a tutte le spazialità interne; cercando di restituire e di recuperare l'intervento operato nel 1911 nella sua integrità; quando l'architetto Agostino Carvatti affidò gli affreschi della nuova cupola a quell'Umberto Marigliani soprannominato “il Tiepolino“, che con ogni probabilità coordinò anche le decorazioni pittoriche eseguite da Luigi Locatelli in una grande unità decorativa. Tutte queste ipotesi di intervento dovranno essere sottoposte e approvate dalla Soprintendenza di competenza.


La copertura e il sistema impiantistico.

Vista la recente sistemazione della copertura (nel 2009) non si dovrebbero rendere necessari ulteriori interventi, andranno programmati interventi di manutenzione, solo dopo avere verificato le buone condizioni dello stato attuale, sarà possibile programmare futuri interventi di restauro all’interno della chiesa. Questo vale anche per un adeguamento e una sistemazione generale della situazione dell’impianto elettrico, di illuminazione e di riscaldamento che sono ancora oggetto di proposte e di studi in fase di analisi e da valutare nella loro globalità tipologica ed economica. E’ evidente che l’importanza della questione impiantistica investe un ruolo fondamentale nella valorizzazione e nella conservazione futura del patrimonio artistico. Tutte queste ipotesi di intervento dovranno essere sottoposte e approvate dalla Soprintendenza di competenza.

In questa fase preliminare sono stati presi dei contatti con due ditte già in precedenza interpellate, per l’impianto elettrico e di illuminazione con la ditta DD-arte di Pierluigi Armanni e con il progettista illuminotecnico Fabio Bornati; e per l’impianto di riscaldamento con la ditta Idrotermica s.a.s. di Leonato Sartor & c. di Orsago Treviso.


Impianto elettrico e di illuminazione.

Breve descrizione dello stato attuale dell’impianto: Lo stato attuale dell’impianto di illuminazione è il risultato dei lavori di manutenzione eseguiti a fine 2009.

1 - apparecchi di illuminazione con sorgenti alogenuri metallici per illuminazione diretta, indiretta e d’accento che hanno sostituito in pari numero i corpi illuminanti obsoleti che montavano sorgenti alogene.

2 - Messa a norma dell’impianto in funzione delle sole opere di sostituzione apparecchi illuminanti.

3 - Attraverso le opere descritte al punto 1, si è ottenuta una riduzione dei consumi energetici sul solo impianto di illuminazione pari a circa il 50%.

Note sulla nuova proposta dell’impianto di illuminazione:

1 - I proiettori con sorgenti alogenuri metallici dedicati all’illuminazione indiretta dei soffitti vengono mantenuti in quanto (direcentissima installazione, 2009) sono di conseguenza in ottimo stato.

2 - Sostituzione di tutti i proiettori dedicati all’illuminazione diretta e all’illuminazione d’accento con proiettori led.

3 - Questa operazione, descritta al punto 2 permette di ottenere diversi vantaggi: accensioni singole di ogni proiettore (allo stato attuale sono definite alcune accensioni a gruppi) che consentono di ridurre ulteriormente i consumi durante il funzionamento dell’impianto; - mancata emissione di infrarosso di cui ne consegue un’emissione ridotta di calore dalla sorgente con benefici sulla temperatura ambiente; - mancata emissione di ultravioletto a cui ne consegue il rispetto delle superfici dei materiali e delle opere illuminate.

4 - Illuminazione diffusa e d’accento di tutte le opere

5 - Integrazione di microproiettori led, dedicati esclusivamente all’illuminazione delle stazioni della via Crucis; e dei capolavori presenti nella Parrocchiale.

6 - Rifacimento dei quadri elettrici e delle linee elettriche

7 - Tutti gli apparecchi ad alogenuri metallici mantenuti e quelli nuovi led, tutti posizionati sui cornicioni, per il loro ingombro causano una difficile percorrenza sul cornicione, ostacolando una razionale deambulazione . Sarebbe opportuno valutare l’installazione di linee vita di sicurezza; per le operazione di manutenzione straordinaria e di urgenza.


Impianto di riscaldamento.

In questa prima fase preliminare , partendo con il presupposto di non sostituire l’attuale pavimentazione e quindi non ipotizzando un impianto di riscaldamento a pavimento è stato preso in considerazione l’impianto denominato “a differenza di pressione”.

L’impianto così detto a “differenza di pressione”, (brevettato dalla ditta Sartor & C.) risulta particolarmente adatto alle Chiese, o edifici di grandi moli volumetriche con tempi di utilizzo non continuo; come appunto le Chiese i teatri e i musei. Il principio consiste nel mettere in pressione il volume o la Chiesa con aria tramite il generatore d’aria e farla uscire attraverso delle aperture poste in basso lungo il perimetro esterno.

L’impianto consente di avere una temperatura costante a regime e uniforme nell’ambiente, ottenendo quindi dei benefici sia per la struttura stessa che per le persone che ne usufruiscono, sia per i beni architettonici che si trovano all’interno dell’ambiente stesso (come quadri, affreschi, statue, decori, altari e vari arredamenti e apparati decorativi). Per questa motivazione è stato previsto nel progetto anche un impianto di umidificazione con demineralizzazione dell’acqua e osmosi inversa per una maggior tutela dell’apparato decorativo delle pale e delle opere lignee. Anche se innovativa, la consolidata esperienza ha affinato delle tecniche nel sistema di creare delle aperture verso l’esterno non invasive e che comunque andranno sempre approvate e concordate precedentemente con la Soprintendenza dei Beni Artistici e Architettonici. Questo impianto utilizza aria pulita, tutta presa all’esterno, filtrata e riscaldata, ed espelle quella interna viziata e con pulviscolo, in modo tale che nell’ambiente si respiri un’aria il più possibile salubre.